reset
Prendo il motorino e vado, lentamente, alla deriva. Verso di la, senza una meta precisa. Nei miei pensieri non trovo però una valvola di sfogo, finché naturale arriva un desiderio. Nuotare. Faccio inversione e a tutto gas punto verso dove posso prendere un costume. Ma ci vuole troppo, ormai sento e so quello che voglio. Dopo poco poso il motorino e comincio a correre. Neanche 10 metri e sto già meglio. Ancora una volta il mio corpo mi parla chiaramente. Devo ascoltarlo. Sempre. Non me ne rendo neanche conto, succede tutto da solo, come il doppio gioco che ho chiuso ieri nella mia prima partita da prima base. E ripercorro gesti e luoghi dove son stato bene. Le giostre, i gatti, le rose dei venti, le corse, i tappi girati, il gelato, la creperia, il castello. Non mi fermo e vado oltre. Le gambe si muovono da sole, la vista s'annebbia e vado verso dove non è permesso. Crollo sulle ginocchia. Con soddisfazione vedo grondare una, due, tre gocce di sudore, finché tutte le altre non cadono a completare il quadro sull'asfalto. L'ho superato. Lo penso. Lo dico.
Il destino non esiste, ma evidentemente una parte di me m'ha portato proprio qua. Senza che io lo volessi, senza bisogno di niente. E l'sms che ho ricevuto mentre ero a terra me lo fa capire.
Reset: spegnermi per poi riaccendermi.
Ora sono qui, sulla pietra dove parlavo con mio fratello qualche giorno fa. A scrivere nel mio buco.
Il buco di lephio: invasato, schizoide, dissociato.
Nel bene e nel male.